giovedì 9 giugno 2022

Cedere il volante. Comunque vada.


Strada provinciale di Sottobosco, 100km/h. E' un sabato, a suo modo vicino e lontano,  di tarda primavera del 2022. Il bialbero 2000 del mio Duetto color Rosso Vittoria Micalizzato (come da n.3 della Rivista L'Alfista) romba, rotondo e corposo, sui 2500 giri nella quinta marcia appena inserita dalla mia mano esperta, e profonda conoscitrice di tutte le dinamiche e delle caratteristiche che quest'essere animato nato nel 1990, al canto del cigno della Serie Alfa Spider, dalla linea pulita e filante e fortemente d'epoca, che si contrappone alle dotazioni ricchissime di cui è infarcita.
La vicina e verdeggiante collina su cui poggia il castello dei Guicciardini restituisce la sinfonia dei quattro cilindri di Arese alle nostre orecchie.
Le mie mani sono sul volante di legno alle 9:15, come da protocollo rigido delle scuole piloti che all'inizio dei miei ansiosissimi vent'anni avevo frequentato assiduamente.
Non lo dico a nessuno, ma ho imparato tardi a scodare con le trazioni posteriori, all'epoca ancorato a rigidi protocolli di "traiettorie imposte".
Gli A-ha cantano "Stay on These Roads", ma quello che si sente è soltanto il battere sincopato delle percussioni di un pezzo fantastico, a causa del vento e del rombo. Conosco il testo di quella canzone a memoria, è una delle mie preferite.
Stay on these roads
We shall meet, I know
Stay on my love
We shall meet, I know

Il Duetto procede spedito, e nel suo essere "oggetto da divertimento", non mi ha raccontato tante storie.
Abbiamo sostanzialmente avuto un "rapporto professionale", a differenza di quello che ho nel quotidiano con l'Enterprise e che avevo un tempo con la BalenaBlu.
Nella nostra complicità non ci siamo mai detti niente di speciale in tutti questi anni.
Potrebbe parlare a tanti di effimeri momenti in gara, di traversi nelle prove speciali recenti quando non si poteva, di regole infrante stradali.
Dei suoi 23 anni di vita prima di incontrarmi non so nulla. Dei nove passati insieme conosco ogni giorno. Ha resistito a fidanzate, mogli, separazioni, divorzi. Ha resistito alla mia ansia. Ha resistito alla ruggine, alle salate strade olandesi. Ha resistito ad uno sbudellamento totale.
Il nostro è però sempre stato un rapporto di "do ut des", poco approfondito se non in certi momenti e in certe curve, un rapporto perfetto "sulla carta".
E' lo stesso rapporto che ho con Giulia, la mia Collega di studio. Identico.
Nessuno è mai stato realmente degno sinora di sedersi a destra, a causa del mio concetto filosoficamente ineccepibile di "Oggetti personalissimi". Un oggetto personalissimo è quello che è solo mio e nessuno deve capire , nessun altro che non sia io è legittimato a farlo.
Certo, qualcosa abbiamo fatto insieme, ma il carattere delle nostre esperienze comuni era prettamente automobilistico e agonistico, e non presuppone qualcosa di personale, di sentimentale. Ci siamo schierati ovunque, brillando del colore Rosso Vittoria, ma non abbiamo condiviso storie ed emozioni che non avessero il sapore di benzina.
Tra di esse, la 96 ore di Klagenfurt nel 2014, dove siamo stati in testa all'enorme raggruppamento dall'inizio sin quasi alla fine. L'equipaggio storico ora dissolto Bozzi-Parmeggiani. Le proteste della mia ex moglie perché "il macinino non frena". Il ghigno eccessivamente compiacente di Giulia che, poveretta, non ne capiva niente. Il raduno all'Elba nell'ottobre 2021. I Ritrovi a Vinci, il Trofeo San Casciano.
La seconda marcia che entra male, come in tutti i cambi Alfa Romeo della fine degli anni '80.
La sua volubilità a seconda delle temperature.
Il Test Track, col salto del Monte. Il Duetto vola. Tutte storie fatte di benzina, olio, pasticche dei freni, odori di meccanica dei tempi andati, ed emozioni non così indelebili. Niente di sentimentalmente profondo.
Quel giorno di primavera, invece,  ho consegnato al Duetto la sua prima favola bella a carattere non automobilistico da raccontare.
Alla mia destra, infatti, è seduta la persona con il sorriso più bello del Mondo, l'unica degna di stare lì in tutti questi anni. 
Mi guarda, dietro a degli supendi occhialoni squadrati, che fanno molto look anni '70 e avvolta in una sorta di bandana pregiata, perfettamente intonata alla circostanza. Lei è nata quasi 4 anni dopo la mia amata vettura animata, e la vedo osservare i movimenti della mia mano sul cambio e sull'impegnativo volante della macchina d'epoca, come a voler imparare qualcosa da questa mia passione.
Mi dice "Vai piano, godiamoci il panorama", ed in effetti è vero, perché la strada tra San Gimignano e Montaione è davvero una delle più belle in assoluto. Da povero pilota, accecato dall'esaltazione della guida, non mi ero mai soffermato né avevo mai rallentato per ammirare la bellezza intorno a me. E per un attimo seguo il suo consiglio e rallento, con la sua mano sinistra intrecciata alla mia destra.
Non siamo amici. Non stiamo insieme. Non sappiamo cosa siamo. Per tutto il resto del Mondo, ci conosciamo appena, o non ci conosciamo proprio.
Ognuno ha la sua vita, una volta scesi di macchina o usciti dalla porta di casa mia. Ma quello che siamo, qualunque cosa sia, mi piace, da morire. C'è un legame segreto profondo, così profondo che a tratti tronca il fiato, in particolar modo quando mi giro e i nostri sguardi e sorrisi si incrociano. E' l'amore della nostra vita, forse.
Non dovrei pensarlo.
Non dovremmo farlo, secondo il pensare comune.
Nemmeno il Duetto dovrebbe superare il limite di velocità così agevolmente come fa tra le mie mani di pilota esperto.
Non dovremmo fare tante cose secondo le comuni convenzioni, ma le facciamo.
E insomma, dopo un pomeriggio a fare "marito e moglie" fuori dalle rotte comuni dei Colligiani e Poggibonsesi si rientra.
La mia brava psicologa, a cui non piacerei nemmeno da lontano per il mio incarnare lo stereotipo della persona affermata, con la macchina grande, con l'eccessiva ricerca di conferme mascherata da persona solida, forte, che però prima o poi crolla, direbbe che avrei dovuto cedere il volante e smettere di sobbarcarmi le esigenze altrui. E' il mio difetto più grave, la causa di fondo di tutti i mali.
Devo imparare a cedere il volante, in effetti.
L'ho già fatto una volta. Forse due. Ma ero stanco, avevo fatto quasi 1000km in un giorno, e la macchina era la Mito Rossa, autrice di tante belle Missioni Eroiche. Faticavo a contenere l'esuberanza del motore turbo a causa del cambio, meraviglioso, che aveva la sesta marcia di potenza e non di riposo. Roba per pochi.
Era una cessione indispensabile e bofonchiante, dovuta ad esigenze fisiche.
E allora la guardo, incrocio il suo sguardo e il suo sorriso meraviglioso e, scalando in quarta marcia, rallentando, mentre Mike Francis porta in fondo quella lungagnata di canzone che dura 7 minuti, che è "Let Me In".
Sono pronto: "Amore,vuoi guidare te?".
Dopo quasi 41 anni sono riuscito a cedere il volante, e ad allontanare le mie ansie di controllo.
Si siede, le insegno a mettere la seconda marcia come si deve, in quel cambio duro e anziano.
Si vede una prospettiva diversa dal sedile di destra, che non avevo mai provato. Il sedile di destra nella MIA macchina è accogliente, rilassante, comodo.
Il Duetto sembra contento di avere una storia da raccontare, in 9 anni di vita accanto a me.
Il sorriso di lei, di una felicità autentica come poche, è la mia più grande soddisfazione degli ultimi anni.
Quel giorno ho imparato a stare seduto in una posizione diversa, a vedere il Mondo da trasportato e non da trasportatore.
Mi sentivo invincibile, perché eravamo finalmente accanto, come due persone che non pensano ad altro.
Credevo di avercela fatta, di aver portato la vittoria dalla mia parte, di essere pronto ad affrontare il suo cambiamento a testa alta.
Pochi giorni dopo, sarei diventato il suo "Pilota preferito", roba che nemmeno Senna e Prost ai tempi.
E invece no. Dopo i "Passi avanti" ci sono quelli indietro.
SS223, 120km/h. Torno dal Tribunale di Grosseto. Piove, in un afoso giorno di giugno dopo il mio quarantunesimo compleanno. Il Duetto è stato soppiantato dall'Enterprise. Il mio inguaribile ottimismo è stato soppiantato dall'ansia. Gli A-ha soppiantati da un pezzo lounge di Stephane deschezeaux, che mi riempie di tonfi le orecchie.
Ci siamo allontanati ancora, il silenzio regna, e non capisco il motivo.
Con la prepotenza che le contraddistingue, le domande solite invadono la mia testa insicura, dolorante, fatta di poco sonno, di notti in cui non chiudo occhio e mi sento sempre peggio.
Non vengo più messo al posto che merito, penso.
Accelero.
L'Enterprise sfiora i 150km/h in pochi secondi, mentre la Siena-Grosseto piega nel suo consueto modo infido verso sinistra, ma a lei non importa niente ed entra nel curvone con la naturalezza che l'ha sempre contraddistinta.
Vengo travolto dai dubbi, dal fatto che forse i miei desideri, mai espressamente manifestati in questi mesi, non saranno mai soddisfatti.
Sto perdendo tempo? Alle volte la risposta è sì, Altre volte la risposta è no. Non vivo aspettando a gloria la telefonata in cui mi viene comunicato "L'ho lasciato", anche perché allo stato attuale non avverrà mai.
Vivo, semplicemente, i momenti.
E forse ho torto, forse ho ragione, ma questa è la nostra favola, nata d'inverno e arrivata (a tratti traballando) alle soglie della difficilissima estate.
I miei desideri non contano, a questo punto. Ma ho di nuovo voglia di rivivere quel giorno col suo carico di emozioni che oggi pare così lontano.
Ed eccomi qua, a stare di nuovo male, forse immotivatamente, a chiedermi e a pietire stupide conferme non dovute, a percorrere le strade della mia vita di nuovo a velocità eccessivamente alta e con un tasso di attenzione pericolosamente basso.
Rampa del garage, casa.
Apro il bandone e il Duetto mi guarda, mentre con la telecamera posteriore dell'Enterprise inquadro il suo muso rosso Vittoria, dall'espressione compiaciuta.
Scendo, e il suo cenno di saluto immaginario sembra ringraziarmi per quella storia vicina e lontana che gli ho fatto vivere. E' così indelebile dentro di me, così a colori, al contrario del grigio dell'assenza e del silenzio, ovviamente imposto.
Non rinnego niente: la cessione del volante è servita a qualcosa di importante. Ovvero, trovare un'altra prospettiva, e capire che qualcuno può darci la serenità, imparando a stare prima soli e poi darsi tutto. Ho ceduto il volante a chi non ne aveva sulla carta titolo, ma nel cuore era lì, in prima fila a meritarselo.
Vorrei darglielo quel titolo e farla guidare tutti i giorni. Ma se dovessi immaginare un futuro, sarebbe sul Duetto. E con il sedile di destra occupato da un soggetto ben preciso.
Non è detto che questa battaglia non la vinca, assolutamente, ma ad oggi sembra una possibilità remota nel tempo.
Ma oggi sono contento, perché ho imparato una lezione nuova, comunque vada.
E non posso che esserne grato.

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