lunedì 1 marzo 2021

Per un altro minuto ancora

 


 Granducato De Le Grazie, cancello carraio di casa, retromarcia inserita. L'Enterprise è muta, come sempre.
Nella calda giornata del primo giorno di marzo del secondo anno pandemico, arrivo a casa, tirando il fiato. Lo tiro di nuovo. Respiro ancora.
E' troppo caldo, con punte di 22 gradi nel mezzo del giorno, un tempo inadattissimo alle gomme termiche Yokohama che monto sulla mia nave ammiraglia e compagna di tante curve e rettilinei.
Pensai che quest'anno non avrei dovuto cambiarle, tanto non servono a nulla.
L'Enterprise da venerdì ha una ferita sul paraurti posteriore lato guida, dovuta ad una signora che, per controllare la propria Ford Fusion del 2006, ha dovuto appoggiarcisi sopra violentemente. Poco importa, adesso. L'assicurazione pagherà. Non mi sono nemmeno arrabbiato, stranamente.
Nella Via nova, tornando a casa ho guidato forte, veramente forte, esattamente come nel giorno in cui tornai pilota l'anno scorso, a metà febbraio, quando tornavo da Livorno.
In quell'occasione il motivo della guida perfetta era ben diverso: ero all'inizio di un percorso in cui credevo di essere invincibile, carico di speranze e da cui, quasi un anno più tardi, sono uscito bastonato, con mille punti interrogativi, un grappolo di belle foto da conservare e una serie di ricordi impressi a fuoco nell'anima in maniera indelebile.
E' passato un anno, cavolo, eppure sono ancora lì a bussare e a pugnalarmi.
C'era un punto fermo dal 24 novembre, da queste parti. Era un punto più fermo di quanto io potessi pensare,  o per lo meno mi ero deciso a farla diventare qualcosa di simile.
Guardo nello specchietto, e ripenso a quello che Virginia mi ha detto prima di pranzo.
Ho sfoggiato un aplomb che tempo fa non avrei mai tirato fuori. Quando si muore dentro per un attimo si cerca di sorridere e dire "Non mi avrai".
Ma con te non ho mai litigato, con te eravamo al limite della vicinanza, dell'attrazione come due poli uguali della calamita che si avvicinano quando sono lontani ma che poi si respingono quando sono troppo vicini per toccarsi.
E allora, giustamente, fai bene a prendere la tua via, a seguire le tue attitudini. Devi farlo, e sarò sempre con te.
Fai bene a cercare di seguire quello per cui hai studiato.
Pensavo di non rivestirmi più del mio vecchio "sorriso di facciata". Era tanto che non lo facevo, ma oggi mi sono visto costretto a farlo ancora, più volte.
E sai perché? Perché abbiamo diviso tutto e ci siamo dati tutto. Ci siamo letti gli oroscopi, capiti alla prima. Abbiamo semplicemente vissuto.
La vuota Enterprise continua ad andare veloce verso la sua meta, la casa.
Le mancherai, mancherai a me. Mancherai alle mie mani. Mancherai alle mie braccia che ti hanno stretto quando avevi bisogno.
Mancherai, punto, qualunque cose ne dicano gli altri, che non sanno niente.
E allora, cari miei vicini, colleghi, collaboratori, concedetemi di piangere in terrazza per un motivo che so solo io, anzi, che sappiamo solo io e Virginia.
Non c'è niente di strano, ma voglio piangere in terrazza, lontano dai vostri sguardi che giudicano tutto quanto si muove intorno a me.
Voglio piangere, poi torno in me.
Concedetemelo, per un altro minuto ancora.




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