venerdì 22 gennaio 2021

La prima nave dopo

Porto di Piombino, un qualsiasi mercoledì mattina di gennaio in un anno tendente al pandemico. Dopo un'ora e 40 di strada curvilinea, sono fermo in attesa della nave della Toremar delle ore 10, che mi porta, ovviamente, all'Elba. Marmorica ci guarda sorniona come fa da 40 anni con tutti. Accanto alla mia nuovissima BMW Serie 3 Msport blu Portimao, ribattezzata "Enterprise", c'è un grappolo di furgoni delle imprese più varie, qualche macchina di persone indaffarate e dedite al loro lavoro e forse qualcuno che va alla seconda casa. La giornata è splendida, il mare è calmo, cosa non scontata dopo le giornate ventose delle ultime settimane, preannunciando una traversata liscia, veloce e comoda. Non è scontato trovare una giornata così d'inverno.
Virginia, la mia praticante Avvocato, è seduta sul comodissimo sedile avvolgente ed è china sul suo telefono, tanto per cambiare: ogni tanto ride alle mie battute, e mi guarda dai suoi occhialoni con lo sguardo illuso di chi ha 25 anni ed è appena laureato, e non conosce il mondo odierno del lavoro, e questa professione. Lo perderà con gli anni, ne sono sicuro.
Lei è bella, con un fidanzato del tutto inadatto a lei, ma se ne renderà conto presto. Ci si evolve e lei lo farà.
Sono quasi 10 anni che non pubblico qualcosa su un blog. In questo lungo lasso di tempo ne è passata di acqua sotto i ponti. Mi sono sposato, mi sono separato, ho conosciuto la donna della mia vita, o per lo meno la ritenevo tale, e recentemente me la sono fatta scappare. Colpa mia. O forse non del tutto.
In questi anni le mie macchine sono allungate, lo studio è diventato grande ed ha sede nel più importante edificio della città. Ho tante impiegate, una Collega di Studio bravissima (più brava di me, ma questo non lo dovrei dire), una Società di consulenza ed una serie di idee da concretizzare, tutte pronte.
Il mio personale, che mi vuole bene, mi ha imposto di portarmi dietro Virginia, con funzione di Baby Sitter, e il bambino sarei io.
Già, perché quella che reputavo essere la donna della mia vita sta lì, a Portoferraio, è una Collega, ha una stupenda chioma bionda, ed una risata di una spontaneità disarmante.
Tutto è crollato dopo una banale lite: c'era di più, evidentemente, dietro alla sua sparizione pre natalizia.
Ho scoperchiato un iceberg, e mi sono rimesso in gioco: adesso sto bene, ma non ho modo di farglielo sapere, e ancora sto studiando come fare a dirglielo.
Insomma, l'attività di Baby Sitting ha la precisa funzione di non farmi andare davanti al suo studio, facednomi perdere la dignità richiedendole di tornare con me. Non lo farei, perché l'acqua all'insù, salvo impianti idroelettrici di inaudita potenza, non si manda.
Chissà dove sei, amore mio, in questo momento.
In ogni caso, passare con la nave dall'altra parte mi ha sempre messo di buon umore.
Sono trent'anni che prendo le solite navi e vado di là, ben ventidue con la macchina al seguito, e per quasi un anno ho preso queste navi a frequenza martellante nei fine settimana, e spesso anche in periodo infrasettimanale. Potrei sentirmi quasi un azionista della compagnia di navigazione, potrei sentirmi libero di etichettare il tutto come ordinaria amministrazione in effetti, ma almeno oggi non è così, per un preciso motivo.
Questa è la prima nave che prendo "dopo". Da quel giorno maledetto, fatto di scuse accampate, di tentativi di recupero rifiutati, di incertezza e di responsabilità non prese,  di fiumi di adrenalina, di parole di troppo, di suocere dall'opinione importante che non ti appoggiano più, di voglia di recuperare, di vortici di incertezza e chi più ne ha più ne metta, non ci sono più salito.
Come sta il tuo bel cane?
Non ci posso fare nulla, ormai; il lavoro e i clienti chiamano, e non posso prescindere da andarci di persona: abbiamo appuntamenti e riunioni da fare. E' disarmante il silenzio in cui siamo piombati, punteggiato da auguri natalizi e messaggi neanche letti.
Il marinaio ci chiama, è tempo di salire. Sto attento a non grattare sotto la macchina nuova, mentre Virginia scrive messaggi a chissà chi.
Nei mesi scorsi ho cercato di battere l'ansia, e c'ero anche quasi riuscito. Poi ci ho trovato sotto la famosa sindrome dell'abbandono, una bassa autostima, la paura di perdere l'altra persona, che ha rovinato tutto. Stiamo battendo anche loro, io e la mia bravissima psicologa, ma oggi presumo mi sia consentita un po' di ansia quando risalgo le scale della nave, con la mascella serrata dietro la mascherina, ridendo forzatamente a quello che dice Virginia, che nemmeno ascolto.
Mamma sta bene?
La traversata scorre come da programma: mare stupendo, aria limpida, vista spettacolare.
Esco ogni tanto a poppa, ma più spesso mi rintano all'interno, cercando di ingannare il tempo in qualche modo. Come tanti fine settimana di dicembre e dei primi di gennaio, questa  è stata una traversata lenta e faticosa, a domandarsi il perché di tante cose.
Penso al viaggio alle Azzorre che non abbiamo fatto, a "cosa sarebbe stato se...", dove saremmo adesso, e al perché passiamo così vicini e non ci incontriamo mai.
Siamo come due rette parallele ora, ed è triste.
Comunque la nave stimola l'introspezione, peggio della macchina silenziosa. Sono le non risposte a fare male, e avrei comunque accettato anche la fatidica frase "c'è un altro", anche se immagino che non ci sia, avrei accettato qualunque verità.
E' difficile metterci un punto, per quelli come me che sono sempre alla ricerca della felicità riponendola per sbaglio negli altri.
Ho padellato. Qualcosa ha padellato anche lei. Ma non ho modo di dirlo, di avere quel giorno in più o quella mezz'ora per parlare e abbracciarsi come è avvenuto mille volte.
Non mi è concessa.
Mi è concessa solo la chance di crescere, come sto facendo.
Marmorica attracca all'alto fondale, stranamente.
Virginia ride, e mi accarezza sulla spalla, come un bravo navigatore anche se non sa guidare, dicendomi "Allontaniamoci".
E così facciamo, veloci come il vento, sulla BMW del colore "Blu ce l'hai solo te", tante volte ci vedessero.
E chi deve vederci? Nessuno.
Mi rivesto e rientro nel mio ruolo, riprendo la mia etica da Avvocato e tomburello sul volante con le dita, tanto l'Enterprise gira da sola.
Siamo vicini.
Meglio scappare, visto che la vita alle volte ci costringe a non fare quello che vorremmo.
Strada del Bivio Boni, 110km/h. Si va forte, troppo.
Nessuno batte ciglio, Virginia sa tutto e non proferisce parola. Lo "sparo" inutile l'abbiamo fatto.E' tempo di fermarsi a fare una foto sorridenti, per un attimo, e poi ripartire.
La giornata termina, e l'unica nave buona per il rientro pre coprifuoco è alle 17:10. Ce la facciamo anche a tornare a casa a cena.
Ti manco ogni tanto?
E' ancora freddo in casa tua?
Quante domande avrei voluto porre, quante risate avei voluto fare ancora.
Non mi è possibile, ma non ho rammarichi. Non spetta a me, ora, fare niente.
Le persone vanno avanti e, forse, faremo dei giri immensi e forse torneremo. Per ora mi consolo, mi faccio consolare, e penso ad evolvermi perché chi ci sarà qui accanto, che sia una creatura del passato, ma molto più probabilmente del futuro, mi vorrà spontaneo e non di rincorsa. Anzi, sono io che mi voglio spontaneo e non di rincorsa
Sbarchiamo nel buio, pronti a rifare le curve dell'andata, con 3 incarichi in saccoccia e un cliente nuovo.
Non ricordo il nome delle pratiche, e forse non lo ricorderò mai.
Chi ti riaccompagnerà a casa stasera?
I Cars cantano Drive, loro pezzo forte.
Who's gonna drive you home, tonight?
Alle volte le cose si concretizzano dopo il fischio finale.
Alle volte mi sento inappetibile, una persona che non potrà mai ricevere quello che dà agli altri, o, peggio, uno che non potrà mai essere amato.
Come vorrei sbagliarmi di nuovo ed essere, per una volta, perdonato. Come vorrei ricevere di nuovo quelle attenzioni e quegli sguardi. Come vorrei mangiare una pizza sul divano e addormentarmi addosso a qualcuno di cui, per la prima volta nella vita, mi posso fidare.
Forse mi innamorerò di nuovo. Forse.
Stai bene?
Le luci di Colle si avvicinano, in questo giorno del resto della mia vita.
Non ricordo un singolo dialogo del viaggio di ritorno.
Avrei accettato qualunque verità, in effetti, sia all'andata che al ritorno.
Grattacielo, accosto a destra.
Virginia scende, sorridendo.
I miei gesti sui comandi dell'Enterprise sono lenti, mirati, precisi.
Avrei solo voglia di prendere il telefono e dire Mi manchi. E magari ricevere un messaggio subito con scritto Anche te.
Ma non tutto si può avere.


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